Premessa
Il confronto di un livello di esposizione a CEM con i limiti normativi è a rigore immediato e diretto solo se si ha a che fare con un segnale perfettamente sinusoidale (cioè con ampiezza, frequenza e fase rigorosamente costanti nel tempo). In questo caso, basta ovviamente confrontare il valore efficace del campo (valutato su un qualsiasi numero intero di periodi della sinusoide) con il limite normativo.
Tuttavia, i segnali perfettamente sinusoidali sono un’astrazione concettuale e non si incontrano mai nelle situazioni reali. Nelle telecomunicazioni, per esempio, si modificano l’ampiezza e/o la frequenza e/o la fase del segnale per codificare e veicolare l’informazione da trasmettere.
In varie applicazioni industriali e sanitarie (come riscaldatori a induzione o elettrobisturi in modalità taglio) si ha a che fare con segnali apparentemente sinusoidali a frequenza fissa, la cui intensità viene fatta variare, automaticamente o manualmente, secondo le esigenze dell’applicazione: si tratta cioè, tecnicamente, di segnali modulati in ampiezza. Se si determina lo spettro di un segnale modulato in ampiezza, si trova che questo non contiene solo la riga alla frequenza “dominante” (la frequenza della “portante”), ma anche varie righe addizionali, che si estendono tanto più a distanza dalla riga principale quanto più rapida è la variazione dell’intensità del segnale. Similmente, la forma d’onda del campo magnetico a 50 Hz rilevabile nei pressi di un elettrodotto ad altissima tensione o in una stazione elettrica non si discosta moltissimo da una sinusoide, la cui ampiezza risulta variare lentamente nel tempo a seconda delle esigenze del carico. Anche nelle telecomunicazioni, infine, sono frequenti i casi in cui la variazione nel tempo della grandezza che trasporta l’informazione (ampiezza e/o frequenza e/o fase) risulta lenta rispetto al periodo della portante a radiofrequenza.
Si pone quindi il problema se questi segnali – che per semplicità potremmo definire “quasi-sinusoidali” – possano essere trattati, dal punto di vista protezionistico, con l’approccio diretto descritto in questa risposta (che a rigore sarebbe valido solo per le sinusoidi “perfette”) o non sia invece necessario adottare anche per essi (e quindi in definitiva per qualunque segnale) le metodiche previste per le forme d’onda propriamente “complesse” trattate nella risposta successiva (cfr. FAQ B.5).
Criteri
Per dare alcune indicazioni qualitative e concettuali in proposito, supponiamo di considerare come “intensità” di un segnale “quasi-sinusoidale” il valore efficace determinato su un intervallo pari all’inverso della sua frequenza dominante. Ragionando nel dominio del tempo, si può suggerire di applicare i criteri di questa risposta se i tempi tipici di variazione di tale intensità (per esempio: il tempo impiegato per passare dal valore minimo al valore massimo) sono molto grandi rispetto all’inverso della frequenza del segnale. Ragionando nel dominio della frequenza, si potrebbe richiedere che l’intervallo di frequenze intorno alla riga principale occupato dalle righe addizionali dovute alla modulazione sia tanto piccolo da rendere pressoché trascurabile la variazione del limite normativo. Criteri simili potrebbero essere adottati se a variare lentamente nel tempo sono la frequenza o la fase, anziché l’ampiezza del segnale “quasi-sinusoidale”.
In questa sezione si affronta il problema di come effettuare la valutazione dell’esposizione ad un campo elettrico, magnetico o elettromagnetico che si presenti come segnale “quasi-sinusoidale”, nel quale cioè almeno una caratteristica della sinusoide (ampiezza, frequenza o fase) varia nel corso dell’esposizione, ma a condizione che tale variazione sia sufficientemente lenta rispetto al periodo della portante.
Le disposizioni principali per valutare un’esposizione del genere possono essere riassunte come segue.
1. Se ci si sta occupando della prevenzione degli effetti di stimolazione dei tessuti elettricamente eccitabili, come il tessuto nervoso e il tessuto muscolare, per frequenze da > 0 Hz a 10 MHz, poiché questi effetti presentano un profilo a soglia e si manifestano su base temporale sostanzialmente istantanea, occorre confrontare coi pertinenti valori limite (VA, LR) il massimo valore efficace determinato su ciascun periodo della portante del campo, valutato nominalmente per tutto il tempo di esposizione durante la giornata di lavoro senza alcuna operazione di media temporale. A tal fine, le misure devono essere effettuate nelle condizioni di massima emissione delle attrezzature, se possibile regolando queste ultime per il funzionamento alla massima potenza o alla massima intensità e/o prolungando la durata delle misure finché non si verifica la condizione di massima intensità; in alcuni casi, potrebbe essere possibile eseguire le misure ad un livello di intensità inferiore al massimo e poi estrapolare i dati rilevati per riportarli alla condizione di massima intensità. Se l’utilizzo avviene sempre ad un livello di emissione inferiore al massimo, le misure potranno essere effettuate al livello massimo effettivamente utilizzato, ma questa condizione andrà riportata in modo bene evidente nei documenti redatti.
Lo stesso criterio si applica ai VLE per il campo elettrico interno, ai LB per la densità di corrente indotta e ai VA e LR per la corrente di contatto.
2. Se ci si occupa di effetti sanitari di tipo termico, per frequenze da 100 kHz a 10 GHz, la valutazione dell’esposizione va effettuata confrontando coi pertinenti valori limite (VA, LR) il massimo valore efficace del campo calcolato su ogni possibile intervallo di 6 minuti o, per frequenze superiori ai 6 GHz, il massimo valore medio della densità di potenza calcolato per ogni intervallo di 6 minuti; questa condizione di media temporale è stata introdotta nelle linee guida con l’obiettivo di tenere conto dei tempi di risposta del sistema di termoregolazione del corpo umano. Un approccio simile si applica ai VLE/LB per il SAR tra 100 kHz e 6 GHz o per la densità di potenza tra 6 e 10 GHz, nonché ai VA/LR per le correnti indotte negli arti tra 10 e 110 MHz.
Gli stessi criteri si applicano anche per frequenze da 10 a 300 GHz, però in questo caso il tempo di media deve essere pari a 68/f1,05minuti (dove f è la frequenza in GHz); questa espressione vuole tenere conto della graduale diminuzione della profondità di penetrazione del campo elettromagnetico nei tessuti biologici all’aumentare della frequenza.
Come suggerimento operativo, può risultare vantaggioso effettuare una misura nelle condizioni di massima emissione dell’attrezzatura sotto esame ed eventualmente approfondire – valutando la media su 6 minuti – solo se i valori massimi rilevati superano i VA o i LR; in questo caso, occorre individuare i 6 minuti più sfavorevoli in funzione delle modalità di utilizzo dell’apparato.
Nel caso di segnali con modulazione di ampiezza ad impulsi (una situazione tipica dei segnali radar), la densità di potenza mediata sulla durata dell’impulso non deve superare 1000 volte il VA pertinente per la frequenza della portante; coerentemente, il valore efficace dell’intensità del campo elettrico o del campo magnetico calcolato sulla durata dell’impulso non deve superare 32 volte il rispettivo VA.
Nota bene
Indicazioni diverse possono applicarsi alle misure finalizzate alla prevenzione degli effetti indiretti che riguardano i DMIA (cfr. FAQ A.7).